L’Africa non è un viaggio, ma è una trasformazione dalla quale non si torna indietro. Nulla di esagerato in questa frase: non si torna indietro, davvero.
Dal lago Tana, sorgenti del Nilo, per giungere a Nord, verso Gondar e Lalibela, si attraversano altipiani e montagne etiopi.
Durante quel viaggio, incontrammo diversi incidenti sulla strada che ci fecero perdere diverse ore. Era ormai tardi per proseguire e decidemmo di passare la notte nella jeep. Mangiammo qualcosa e iniziammo a parlare fuori dalla jeep. Tutto fu normale, fino a quando, quasi per sbaglio, non alzai gli occhi al cielo.
Quella fu la prima volta che avevo le stelle veramente a un passo da me, che le potevo annusare e toccare, forse anche accendere e spegnere a mio piacimento.
Voglio dire che ho davvero avuto il mio sguardo, i miei sensi, il mio respiro, presi in ostaggio da quella meraviglia. E il collo era quasi spezzato sulla nuca a forza di tenere lo sguardo fisso fisso verso il cielo e la mia bocca che restava involontariamente aperta, producendo saliva che mi bagnava le labbra.
Ci siamo seduti a terra, con la schiena appoggiata al Range Rover e quelle stelle continuavano a accendersi e spegnersi. Complice il buio totale, potevamo vedere e distinguere le diverse costellazioni, quel viola chiaro, quel verde acceso, quel rosso, quel giallo.
Quei bagliori mi entravano dentro l’anima con una meravigliosa ferocia, ne toccavano i punti più profondi, riaccendevano sogni dimenticati.
E’ stato come provare qualcosa mai provato prima, oltre che essere stato uno dei punti emozionali più alti di quel viaggio in Etiopia Occidentale.